La mancanza dello stimolo a defecare
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Attilio Nicastro - MioDottore.it
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- Cos’è che fa venire lo ‘stimolo’ che porta alla defecazione?
- Quando manca lo stimolo: la classificazione della stipsi
- Quali sono le conseguenze della stipsi e della mancanza dello stimolo a defecare?
- È possibile diagnosticare il tipo di stipsi ed il tono degli sfinteri?
- Cosa fare se si sperimenta la mancanza cronica dello stimolo a defecare?
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Evacuare mantenendo una regolarità nel tempo non è solo uno spot da medicamento lassativo, ma un bisogno fisiologico imprescindibile per una buona qualità della vita.
La stitichezza è una patologia seria ed invalidante, che spesso comincia in maniera subdola, con una progressiva perdita del naturale stimolo a defecare.
Leggi questa pagina informativa per saperne di più sull’argomento e, nel caso ne avessi il bisogno, prendere importanti appunti per una visita medica di controllo.
Cos’è che fa venire lo ‘stimolo’ che porta alla defecazione?
Com’è noto, l’essere umano prende gli elementi necessari per i processi biochimici del suo organismo endotermico attraverso il nutrimento, ossia l’ingestione di cibo (e liquidi).
Il cibo entra nella bocca dove, maciullato dai denti ed impastato con la saliva, si trasforma in bolo.
Il bolo viene quindi deglutito e, grazie a movimenti automatici della muscolatura liscia delle pareti dell’esofago (peristalsi), finisce in un organo a forma di sacco, lo stomaco.
Nello stomaco, grazie ai succhi gastrici, il bolo viene scomposto e mescolato, facendolo divenire una sostanza liquida e lattiginosa, chiamata chimo.
Il chimo viene poi inviato al duodeno, a sua volta collegato e parte integrante dell’intestino tenue: un lunghissimo organo tubolare (più di 7 metri in media), il cui compito è quello di assorbire le macromolecole del nutrimento attraverso i villi intestinali, per riversare poi zuccheri, amminoacidi, proteine e alcune fondamentali vitamine (come la B12) nel flusso sanguigno.
I villi intestinali riescono a scomporre il chimo in molecole di base grazie all’azione di svariati enzimi prodotti dal pancreas, nonché dell’apporto fondamentale della bile, prodotta invece dal fegato.
Il chimo, sotto l’azione degli enzimi presenti nei villi intestinali, si svuota di proteine, zuccheri, vitamine e tutti gli altri nutrienti (ridotti a molecole di dimensioni molto contenute), e prende il nome di chilo.
La parte finale dell’intestino tenue, chiamata ileo, si congiunge all’ultima parte di tutto l’apparato gastrointestinale, cioè l’intestino crasso (chiamato anche colon).ì
Il colon, unito all’ileo tramite il cieco, è diviso in quattro sezioni fondamentali: colon ascendente, colon trasverso, colon discendente, sigma.
L'ampolla dell'intestino crasso (evidenziata in arancione nell'immagine) è l'ultima parte del colon prima del retto, che serve ad accumulare le feci prima dell'espulsione
Il compito del colon è ricevere gli scarti della digestione avvenuta nell’intestino tenue, il chilo, e accumularli per provvedere al riassorbimento dei liquidi e dei sali (elettroliti).
Grazie a fondamentali colonie batteriche che vivono in simbiosi dentro all’intestino crasso, il colon altresì è deputato alla sintesi di importanti vitamine essenziali.
Nel colon gli scarti della digestione del chilo, ancora quasi del tutto acquosi, vengono drenati dai liquidi e, grazie alla fermentazione batterica, si tramutano nelle feci.
Le feci così solidificate, grazie al movimento meccanico automatico della peristalsi percorrono tutto il colon e finiscono nel sigma, dove sono raccolte in una dilatazione piroidale chiamata ampolla rettale.
Nell’ampolla le feci si accumulano, finché raggiunto un certo livello di distensione, vengono espulse fuori dal corpo passando per il retto e, come ultimo percorso, il piccolo canale anale.
Lo stimolo ad evacuare si ottiene quindi proprio quando l’ampolla rettale risulta piena di feci, e la sua dilatazione stessa provoca la sensazione di dover ‘andare di corpo’.
Gran parte dei problemi di stipsi riscontrati negli esseri umani sono causati proprio dall’assenza più o meno marcata dello stimolo proveniente dalla distensione dell’ampolla.
Quando manca lo stimolo: la classificazione della stipsi
La mancanza dello stimolo a defecare può essere essenzialmente causata da due problematiche:
- Mancanza di progressione del contenuto intestinale;
- Mancanza di espulsione del contenuto intestinale
Il chilo viene progressivamente spostato dal cieco dell’intestino verso l’ampolla rettale grazie alla peristalsi, ossia la contrazione sincronizzata della muscolatura del colon, che 'spinge' costantemente il chilo verso l'ano.
Durante questo viaggio, lentamente i liquidi del chilo vengono assorbiti dal colon, ed i batteri naturalmente presenti nell’intestino attaccano i residui organici non digeriti, dando origine alla fermentazione batterica.
Lentamente, il chilo si trasforma nelle feci, che vengono indirizzate verso l’ampolla rettale.
Il movimento di peristalsi avviene in un certo tempo, non fisso ma variabile da soggetto a soggetto, correlato anche in base alle abitudini alimentari, all’attività fisica e all’assunzione di acqua.
Quando i tempi di transito aumentano, per colpa di una diffusa alterazione motoria del colon, oppure per la presenza di un ostacolo funzionale, le feci non riescono ad arrivare nel giusto momento nell’ampolla, dando origine alla cosiddetta stipsi colica.
Quando invece le feci, benché correttamente posizionate in ampolla, non riescono ad essere espulse, si è in presenza di una stipsi rettale.
La stipsi rettale può originare da svariati motivi, tra cui uno dei più ricorrenti è la dischezia.
La dischezia è la difficoltà ad espellere le feci già formate e già posizionate in ampolla rettale, e può manifestarsi in forma idiopatica (cioè primitiva) oppure acquisita col tempo.
La dischezia, di qualsiasi natura, causa un progressivo ritardo nell’espulsione delle feci in ampolla, facendo perdere progressivamente al paziente lo stimolo alla defecazione.
Un esempio molto comune di dischezia acquisita può essere una ragade anale: il dolore provocato dalla lesione non trattata mette inconsciamente paura nel paziente, che tende quindi a rimandare la defecazione e, sistematicamente, ad ignorare lo stimolo che avviene ad ampolla piena.
A lungo andare, lo stimolo diventa sempre meno efficace, ed occorre molta più distensione dell’ampolla (e quindi, riempimento di feci) per provocarlo.
Quali sono le conseguenze della stipsi e della mancanza dello stimolo a defecare?
Di per sé, la stipsi non è una malattia mortale o pericolosa per le funzioni vitali.
Le sue conseguenze causano però una serie di problematiche e patologie spesso molto invalidanti, che spesso sono percepite come insopportabili dai pazienti.
Datosi che una delle funzioni principali del colon è il riassorbimento dei liquidi attraverso la sua mucosa, più le feci rimangono intrappolante nell’intestino e più vengono private dei liquidi che le compongono.
Oltre un certo livello di assorbimento, le feci diventano molto dure, di consistenza e forma definita ‘caprina’: smettono quindi di avere la classica forma cilindrica e morbida, per prendere quella similare agli scarti degli ovini (a ‘palline’, molto dure).
Feci così formate, estremamente dure, causano un eccesso di pressione addominale per essere espulse.
Tale eccesso di pressione causa a sua volta uno sfiancamento degli sfinteri e dei muscoli del pavimento pelvico che, a lungo andare, si sfibrano e prolassano, dando origine a patologie molto serie come il prolasso anale o rettale, l’incontinenza fecale/urinaria e il rettocele.
Feci molto dure possono altresì lesionare od infiammare il delicato canale anale, provocando così ferite che possono degenerare nelle ragadi anali.
Ancora, l’eccessiva pressione e gli sforzi necessari per evacuare le feci indurite possono provocare un prolasso emorroidale, con conseguente inizio della patologia emorroidale.
È possibile diagnosticare il tipo di stipsi ed il tono degli sfinteri?
La diagnosi del tipo di stipsi è il primo passo da eseguire per iniziare un percorso terapeutico di rieducazione intestinale.
Obbligatorio, in questo senso, è recuperare la completa storia clinica del paziente, con una rigorosa indagine delle sue abitudini alimentari e lo stato della sua attività fisica, nonché delle eventuali patologie ano-rettali supposte o già precedentemente diagnosticate.
Come esami essenziali per comporre il quadro diagnostico e stabilire quindi con certezza il tipo di stipsi che provoca il mancato stimolo, è necessario provvedere ad una manometria ano-rettale e una serie d’indagini endoscopiche, come ad esempio la Videoproctoscopia Digitale, l’ecografia endoanale.
La manometria ano-rettale è un esame indispensabile per valutare il tono degli sfinteri e la risposta effettiva allo stimolo evacuatorio.
L’esame è svolto grazie all’introduzione per via rettale di un piccolo palloncino gonfiabile dotato di apposita sonda, collegato elettronicamente ad un computer, che registra le pressioni esercitate dal palloncino sulle pareti rettali.
Se correttamente eseguito, l’esame consente al medico di valutare con precisione la forza dei muscoli sfinteri, il loro apporto alla continenza e all’espulsione delle feci, nonché valutare come il retto risponde allo stimolo evacuativo.
Un moderno videoproctoscopio, ideato e brevettato dal Dott. Attilio Nicastro
L’esame endoscopico della Videoproctoscopia Digitale è particolarmente utile per esplorare il canale ano-rettale, alla ricerca di patologie scatenanti la dischezia come emorroidi patologiche o ragadi.
L’ecografia endoanale è invece molto utile per diagnosticare malformazioni del retto o degli sfinteri: grazie ad una sonda rotante a 360° di particolare sensibilità, è possibile valutare con interezza tutti i tessuti dell’ultimo tratto dell’intestino, special modo la consistenza e lo stato di fatto degli sfinteri.
L’ecografia endoanale è altresì molto utile per diagnosticare eventuali patologie suppurative (come fistole o ascessi), la cui presenza ed il costante dolore possono predisporre il paziente alla dischezia.
Cosa fare se si sperimenta la mancanza cronica dello stimolo a defecare?
Saltuari episodi di stipsi non devono preoccupare: può succedere, di tanto in tanto, di sperimentare un piccolo cambiamento, provvisorio, delle abitudini intestinali.
Ciò può succedere per un cambio di abitudini alimentari, per un viaggio improvviso, per un periodo di stress o iper-lavoro, ecc.
La natura patologica della stipsi si palesa quando la stitichezza diventa cronica, ossia prolungata nel tempo e costante nelle manifestazioni.
Se quindi si sperimentano frequenti episodi di:
- Difficoltà ad evacuare feci morbide e ben formate;
- Dolore e fatica durante l’espulsione delle feci;
- Mancanza dello stimolo a defecare;
- Sensazione cronica di ‘intestino gonfio’ (meteorismo)
È necessario ricorrere alla visita medica presso un colonproctologo, ovverosia il medico specializzato nella diagnosi e nel trattamento degli stati stitici cronici.
Solo dopo una visita specialistica e gli obbligatori esami strumentali è possibile stabilire l’origine e la tipologia della stipsi, e provvedere così ad un piano di recupero e riabilitazione intestinale.
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Se ritieni di sperimentare la sintomatologia della patologia descritta in quest'articolo, non iniziare autonomamente terapie, ma parlane subito con il tuo medico di fiducia.
Non impressionarti, non spaventarti ma altresì non sottovalutare nessun sintomo: rivolgiti sempre ad un medico.
Quindi ricorda che...
- Lo stimolo della defecazione avviene quando l'ampolla rettale viene adeguatamente dilatata dall'accumulo delle feci;
- La funzione principale del colon non è quella di espellere le feci, ma quella di riassorbire i liquidi ed i sali del chilo;
- Più le feci rimangono nell'intestino, e più diventano dure e difficili da espellere;
- La stipsi patologica è intesa come la difficoltà a defecare regolarmente una quantità sufficiente di feci morbide e ben formate;
- La stipsi può essere da mancata progressione o mancata espulsione: la dignosi dell'esatta origine è di essenziale importanza per il percorso terapeutico di riabilitazione;
- Piccoli e sporadici episodi di stipsi non devono solitamente preoccupare;
- Se non trattata, la stipsi cronica può dare origine ad un'ampia quantità di patologie correlate, quali emorroidi patologiche, ulcere (ragadi) anali, rettocele e prolasso del retto;
- L'uso perenne di lassativi, clisteri e purganti, oltre a non essere affatto risolutivo per la stipsi cronica, irrita ed impigrisce ancora di più il colon, compreso il retto ed il suo canale anale
Da anni studia e sperimenta tecnologie chirurgiche a bassa invasività e con basso dolore post operatorio per risolvere nel modo meno traumatico possibile i problemi di prolasso emorroidale, di ragadi e di fistole anali.
Nel corso della sua trentennale professione, ha operato con successo migliaia di pazienti affetti da patologia emorroidale, avendo sempre un particolare riguardo verso l’importanza di conservare la normale funzionalità anale, garantendo al contempo risultati duraturi.
Il Dott. Attilio Nicastro opera come Responsabile nel Dipartimento di Colonproctologia dell’European Hospital di Roma, e riceve nei suoi studi di Roma, Milano, Lecce e Lamezia Terme.
Per maggiori informazioni su tutte le attività di studio e ricerca del dottor Attilio Nicastro, puoi visionare il suo sito web attilionicastro.it oppure collegarti alla sua pagina personale Facebook seguendo questo indirizzo.