L'appendicite
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Attilio Nicastro - MioDottore.it
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È una delle cause più comuni di improvviso ed intenso dolore addominale, ed ogni anno colpisce oltre 15 milioni di persone in tutto il mondo, causando centinaia di migliaia di decessi.
L'appendicite, ossia l'infiammazione dell'appendice cecale dell'intestino crasso è, nell'immaginario collettivo, ormai considerata una patologia di facile risoluzione, ma a volte, complice anche una sottodiagnosi oppure una diagnosi tardiva, può risultare dagli esiti fatali.
Leggi questa pagina d’approfondimento per scoprire da cosa origina l'appendicite, come si manifesta e come si può trattare.
Che cos'è l'appendicite
L'intestino crasso, con evidenziata in rosso l'appendice cecale
Per appendicite s'intende l'infiamazione o l'infezione dell'appendice cecale (chiamata anche appendice vermiforme) del colon.
Tale appendice, che come il nome suggerisce ha proprio la forma di un piccolo verme, si trova alla base del cieco dell'intestino crasso, e ha una lunghezza che solitamente va dai 5 ai 9 cm, sebbene siano noti casi di appendici molto più lunghe.
In realtà, l'appendice è una massa compatta di tessuto linfatico, rivestito di tonaca muscolare, tonaca mucosa e sottomucosa.
Una caratteristica dell'appendice è la sua posizione precisa rispetto al cieco, che può variare di molto da soggetto a soggetto, e la sua tendenza all'infiammazione o all'infezione.
Ciò è dovuto al fatto che, essenzialmente, l'appendice è un filtro linfatico atipico: non è infatti capace di assorbire più i nutrienti, e basta la contaminazione di piccolissimi corpi organici (anche microscopici residui fecali, o parassiti intestinali) per infiammarla severamente.
Il lume dell'appendice è molto ridotto, e può facilmente ostruirsi, dando quindi origine all'infiammazione (o infezione) che è alla base dell'appendicite.
Le cause scatenanti del processo infiammatorio possono essere:
- Occlusione causata da particolari cibi indigeribili o maldigeriti, come: semi, uva, ciliegie, peperoni, ecc.;
- Occlusione causata da calcoli biliali;
- Residui del chilo, particolarmente induriti e divenuti simili a pietrisco (coproliti);
- Parassiti e batteri intestinali;
- Ipertrofia del tessuto linfatico dovuta ad aggressioni patogene;
- Compressione: l'appendice è un organo estremamente mobile, poiché fissata al peritoneo solo per la base.
Può quindi subire compressioni anomale (come ad esempio quando pressata da una massa tumorale), che ne possono causare l'infiammazione
Una volta infiammata od infettata, complice anche un ristretto afflusso sanguigno, l'appendice va presto incontro alla morte dei tessuti, quindi la necrosi.
Se non trattata con urgenza, questa condizione alla lunga può portare alla perforazione dell'appendice o al suo scoppio, col rilascio dei batteri nella cavità peritoneale, e conseguente peritonite.
Un evento del genere, di gravissima entità, può portare in breve tempo ad una setticemia, con esiti letali per il paziente.
La causa dell'infiammazione dell'appendice è sempre l'occlusione del suo lume interno, che si sviluppa in tre fasi consequenziali:
- Fase catarrale
La mancata affluenza di sangue congestiona i tessuti dell'appendice, che diventano quindi edematosi.
L'interno dell'appendice comincia riempirsi di muco, ma l'infezione è ancora circoscritta.
Esternamente, l'appendice comincia ad apparire arrossata, a volte tumefatta, con i vasi che la irrorano rigonfi e ben visibili; - Fase flemmonosa
L'appendice aumenta la sua congestione e, complice aumento della pressione interna, i vasi si trombizzano.
L'infezione provoca piccole necrosi ed arriva allo strato sieroso, coinvolgendo il peritoneo.
L'appendice è totalmente tumefatta, a volte con perforazioni da cui esce materiale purulento, oltre che residui di feci; - Fase gangrenosa
I tessuti dell'appendice vanno in gangrena, e l'organo appare di colore grigo-verdastro e maleodorante.
Le perforazioni e la perdita continua di pus contaminano il peritoneo, che perde la sua naturale lucentenzza e diventa fibrotico.
L'appendice può scoppiare in qualsiasi momento, oppure può lacerarsi definitivamente, contaminando tutta la cavità addominale con l'infezione
L'esatta tempistica dell'evoluzione dalla fase catarrale a quella gangrenosa non è prevedibile a priori.
Alcune infiammazioni acute passano all'ultima fase dell'infezione dopo molti giorni, alcune altre invece arrivano alla perforazione dell'appendice in pochissimo tempo.
La regressione dell'infiammazione, benché possibile, è statisticamente rara, e comunque circoscritta solo alle primissime fasi dell'appendicite.
Nella maggior parte dei casi, l'evoluzione finale dell'appencite è la forma gangrenosa che, se non trattata d'urgenza, porta alla perforazione, alla perinotite e alla conseguente sepsi della cavità addominale, con esiti letali per il paziente.
Pur potendo contare su efficaci antibiotici e terapie chirurgiche d'urgenza, ancora oggi appendiciti complicate con peritonite sono difficili da curare, con prognosi quasi sempre infauste.
Nel corso della storia umana e fino alla fine del XIX secolo, l'appendicite è risultata quasi sempre fatale, ed una delle prime cause di morte in assoluto per infezioni generalizzate.
Solo con l'avvento della chirurgia moderna, ed in particolar modo con l'introduzione dell'accesso addominale, le statistiche delle prognosi di appendicite sono potute migliorare, raggiungendo alti livelli di esito positivo.
Le cause dell'appendicite
L'appendice cecale, con i vasi che la irrorano colorati in rosso
Anche l'appendice, così come il colon, emette movimenti espulsivi grazie al fenomeno della peristalsi.
Ciò è utile per espellere correttamente i microbi intestinali che comunemente vivono in simbiosi in tutto l'intestino crasso.
Tuttavia, la davvero ristretta luce interna dell'organo, in caso di ostruzione, l'espulsione periodica di tali microorganismi risulta bloccata, causando quindi un'eccesso di flora, che a sua volta può generare una risposta infiammatoria dell'organismo.
Questa è la causa scatenante l'appendicite che, come detto poco sopra, risulta essere estremamente comune in tutta la popolazione globale.
La sintomatologia dell'appendicite
La sintomatologia dell'appendicite può presentare un'ampia gamma di quadri clinici, che rendono l'esatta diagnosi a volte difficoltosa.
I sintomi più comuni sono dolore addominale, nausea e vomito, inappetenza, febbre.
Stipsi o diarrea possono essere presenti, mentre il dolore addominale si manifesta di solito nella fossa iliaca destra ma, a seconda della posizione anatomica dell'appendice del paziente, può anche manifestarsi con sintomi molto simili ad una colica renale destra o biliare.
La diagnosi dell'appendicite
Sebbene i sintomi dell'appendicite possano essere comuni anche a molte alte patologie, i casi tipici acuti, solitamente, vengono diagnosticati con una certa facilità.
Oltre alla presa visione dei sintomi iniziali (nausea, vomito, inappentenza, febbre) il primo esame è generalmente clinico, e prevede la visita con particolari manovre, da parte del medico, atte a cercare di localizzare con esattezza la provenienza del dolore.
Il presupposto fondamentale è che, se sollecitata meccanicamente da una pressione precisa, l'appendice infiammata generi un violento sintomo doloroso, facendo intuire al medico la presenza di appendicite.
Per ottenere ciò, l'esame di prima linea è solitamente la manovra di Blumberg, che consiste in una delicata ma progressiva pressione sulla parete addominale, per poi rilasciare di colpo la mano.
L'appendice infiammata, sollecitata rapidamente in tal modo, 'sbatte' sul peritoneo, causando violento dolore al paziente.
Ciò, solitamente, consente al medico di diagnosticare con buona certezza la presenza di appendicite.
Le altre manovre che possono essere applicate, sempre meccaniche, consistono nella manovra di Rovsing (compressione graduata e verso l'alto della fossa iliaca sinistra), e quella dello psoas.
L'esame dei sintomi tipici e delle manovre meccaniche sono, di solito, sufficienti al medico per diagnosticare l'appendicite e provvedere quindi al ricovero d'urgenza del paziente.
A supporto dell'esame clinico è possibile eseguire anche esami di laboratorio, come ad esempio quello della conta dei leucociti nel sangue.
Qualora i dubbi sull'effettiva presenza di infezione all'appendice dovessero permanere anche dopo gli esami clinici e di laboratorio, è possibile ricorrere alla Tomografia Assiale Computerizzata o, ancor meglio, all'ecografia addominale e pelvica.
Quest'ultimo esame è particolarmente utile specie nei bambini, e offre ottime percentuali di affidabilità: infatti, solo il 5% degli esami effettuati risulta essere un falso negativo.
La TAC viene riservata, comunemente, ai casi in cui l'effettiva infezione dell'appendice non risulti chiara dall'anamnesi o dall'esame clinico.
Datosi che la Tomografia Assiale Computerizzata espone il paziente ad una dose di raggi X che è trascurabile negli adulti sani ma che può essere pericolosa per donne incinte o bambini, all'esame è preferita l'ecografia o la Risonanza Magnetica Nucleare.
La terapia dell'appendicite
La terapia di maggiore efficacia e solitamente prescritta per la maggioranza dei casi di appendicite è quella chirurgica, e prevede la rimozione totale dell'appendice infetta.
La terapia antibiotica può funzionare solo in sporadici casi, e comunque solo nelle primissime fasi dell'infiammazione.
Ancora, il rischio di recidive dopo aver somministrato la terapia antibiotica è piuttosto alto (tra il 30% ed il 40% dei casi trattati), e i grandi rischi che comporta l'eventuale ritorno dell'infezione non suggerisce quasi mai il ricorso alla terapia farmacologica, se non per profilassi post-operatoria.
Nonostante la cura antibiotica possa dunque funzionare in un numero molto ristretto di casi, con infiammazione iniziale e non complicati, esiste sempre il rischio che, dopo una prima remissione dei sintomi, tocchi comunque portare poi il paziente in sala operatoria per il riacutizzarsi improvviso dell'infezione.
Ecco perché, generalmente, il ricorso alla chirurgia è la prassi per trattare l'appendicite.
L'intervento chirurgico di rimozione dell'appendice si chiama appendicectomia, ed è praticato sotto anestesia totale.
L'appendicectomia ha numerose varianti tecniche, e fino a qualche anno fa era praticato a cielo aperto, con un piccolo taglio in prossimità dell'appendice.
Al posto dell'intervento classico, può essere eseguita l'asportazione dell'appendice anche per via laparoscopica, evitando quindi il taglio chirurgico ma praticando 2-3 piccoli fori vicino alla fossa iliaca, utili per far passare una piccola videocamera e i ferri necessari all'asportazione della parte infetta.
A livello di risultati finali, le due tecniche si eguagliano, ma l'accesso laparoscopico presenta alcuni vantaggi rispetto alla tecnica aperta, come un più rapido recupero post-operatorio, cicatrici molto contenute e possibilità di pulire a fondo eventuale materiale purulento fuoriuscito prima o durante l'intervento.
Qualsiasi sia la tecnica scelta, l'intervento di appendicectomia prevede l'interruzione dell'afflusso vascolare che alimenta l'appendice, provvedendo poi a sezionare la stessa e a suturare poi la parete del cieco.
I primi interventi in laparotomia (cioè con taglio addominale) sono stati effettuati a partire dalla fine del '700, e si raggiunse il massimo numero (a livello globale) delle appendicectomie tra gli anni '60 e '80 del 1900, quando divenne l'intervento chirurgico più comune negli ospedali di tutta Europa.
Attualmente, la rimozione dell'appendice è il secondo intervento chirurgico più eseguito in Italia: circa 60.000 pazienti trattati ogni anno, con una percentuale di incidenza inferiore solo a quella per la cura chirurgica dell'ernia.
Lo specialista che cura l'appendicite
L'appendicite è solitamente una patologia infiammatoria di interesse chirurgico, e non sono pochi i casi in cui l'intervento d'emergenza è richiesto, specie nel caso di perforazione dell'appendice.
Sebbene possa essere diagnosticata da qualsiasi medico, l'appendicectomia è un intervento praticato da un chirurgo generale o un chirurgo colonproctologo, specializzato nelle patologie dell'ultimo tratto dell'apparato gastrodigerente.
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Se ritieni di sperimentare la sintomatologia della patologia descritta in quest'articolo, non iniziare autonomamente terapie, ma parlane subito con il tuo medico di fiducia.
Non impressionarti, non spaventarti ma altresì non sottovalutare nessun sintomo: rivolgiti sempre ad un medico.
Quindi ricorda che...
- L'appendicite è l'infezione o l'infiammazione dell'appendice vermiforme, ossia il peduncolo finale del cieco del colon;
- L'infezione è causata dall'ostruzione del piccolo lume dell'appendice, che si riempie di flora batterica e origina una risposta infiammatoria da parte dell'organismo;
- Molti sono i fattori scatenanti dell'ostruzione dell'appendice: piccoli residui fecali induriti, batteri, cibo maldigerito, semi, una compressione anomala dell'appendice, ecc.;
- I sintomi comuni di un'appendicite sono diarrea, vomito, inappetenza, forte dolore addominale, spesso localizzato sulla parte destra;
- Se non trattata, l'appendicite può portare alla gangrena l'appendice, con la sua perforazione ed infezione del peritoneo: una complicanza dagli esiti fatali;
- La terapia di prima linea contro l'appendicite è l'appendicectomia, ossia la rimozione chirurgica dell'appendice;
- La cura farmacologica a base di antibiotici può essere praticata solo in caso di appenciditi allo stato iniziale e non complicate, e ha comunque alte percentuali di recidiva;
- L'appendicectomia può essere praticata con tecnica tradizionale o, più comunemente, in via laparoscopica
Da anni studia e sperimenta tecnologie chirurgiche a bassa invasività e con basso dolore post operatorio per risolvere nel modo meno traumatico possibile i problemi di prolasso emorroidale, di ragadi e di fistole anali.
Nel corso della sua trentennale professione, ha operato con successo migliaia di pazienti affetti da patologia emorroidale, avendo sempre un particolare riguardo verso l’importanza di conservare la normale funzionalità anale, garantendo al contempo risultati duraturi.
Il Dott. Attilio Nicastro opera come Responsabile nel Dipartimento di Colonproctologia dell’European Hospital di Roma, e riceve nei suoi studi di Roma, Milano, Lecce e Lamezia Terme.
Per maggiori informazioni su tutte le attività di studio e ricerca del dottor Attilio Nicastro, puoi visionare il suo sito web attilionicastro.it oppure collegarti alla sua pagina personale Facebook seguendo questo indirizzo.